La Provincia del Verbano Cusio Ossola compie oggi diciotto anni. Era il 30 aprile del 1992 quando venne approvato il decreto legislativo numero 277. Con le firme del presidente supplente della Repubblica Spadolini, del presidente del Consiglio Andreotti. E poi Scotti, ministro dell’Interno, Carli del Tesoro, Formica alla Finanze, Gaspari alla Funzione pubblica, Martinazzoli alle riforme istituzionali e con il visto di Martelli, il Guardasigilli. Un altro mondo, sembrano trascorsi secoli. Settantasette comuni, da Antrona a Vogogna, elencati in rigoroso ordine
alfabetico, poi le condizioni della separazione dalla madre-Novara, a partire dai beni, sotto la vigilanza del commissario inviato dal ministero dell’Interno. Nel decreto era già indicata un’altra data fondamentale: il 1995, l’anno delle elezioni.
A traghettare la nuova provincia al voto fu l’Assemblea costituente presieduta da Gianni Motetta. Toccò proprio a lui passare le consegne ad un altro cusiano, l’avvocato Giuseppe Ravasio. Il primo presidente votato dagli elettori del Vco, sostenuto dal centrosinistra, morì prima di terminare il mandato.
Motetta nello storico passaggio di consegne di quindici anni fa richiamava con forza l’aspirazione di questa terra all’autonomia. Oggi il discorso torna prepotentemente su quel tema, perché il percorso non è compiuto: «La provincia - dice l’ex parlamentare comunista - è utile se si realizza lo scopo per cui è stata voluta. Ho sempre detto che volevo una provincia di tipo nuovo. Siamo in una zona dell’arco alpino svantaggiata, l’autonomia è uno strumento che consente di avere maggiore spesa, di tenere le popolazioni in montagna». Non tutto, in questi anni è andato come i padri della provincia avevano sperato. Motetta: «Ho visto poca capacità di incidere sul territorio. Avrei voluto vedere un atteggiamento più unitario, non quello rivendicativo della politica del cappello in mano ma di lotta per il diritto a tenere la nostra gente in montagna».
Ma il Vco è diventata anche una provincia percepita in modo positivo dalla sua gente? «C’è ancora molto da fare - risponde Motetta - . Lo diventerà nella misura in cui saprà rispondere alle esigenze dei cittadini. E’ un territorio con poca gente e molti problemi. Ma ci sono anche tante ricchezze (dal turismo all’energia) che non sono abbastanza valorizzate. Manca un investimento deciso su questa zona che è uno dei punti di forza del Piemonte. Con una certezza: senza senza l’autonomia questa Provincia finisce».
(La Stampa)
Friday, April 30, 2010
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