La Psicopolitica, di Piervalle
La cronaca di questi giorni ci imbatte in un caso forse unico. Il capo del governo di una cittadina posta sulle rive di un lago dell’Italia del nord, dopo alcuni anni di amministrazione e quasi al termine del suo mandato, interrogato circa i propri orientamenti politici, nega ripetutamente qualsiasi adesione al partito che è espressione della maggioranza della nazione ed alla fine, con un proprio comunicato, rivendica la bontà della propria esperienza politico amministrativa, frutto di un incontro di idee diverse, libero da condizionamenti partitici, prefigurando l’avvio di una nuova identica esperienza. Trascorrono poche ore e partecipando ad un meeting locale di quel partito di maggioranza relativa, davanti a 650 invitati, inaspettatamente, viene presentato da una figura di rilevo del medesimo partito come iscritto a quel partito, quasi una investitura per le prossime elezioni amministrative. Sin qui la cronaca come, più o meno, viene riportata dalla stampa. Panico in sala, così sembra sia avvenuto, ma soltanto del primo cittadino che forse non si aspettava una così improvvisa ribalta. Gli altri cittadini, specie quelli che non erano in sala, si interrogano su ciò che è avvenuto; pensano si sia trattato di uno scambio di persone e chiedono conferme che, puntualmente, però arrivano. Noi ci smarchiamo rispetto alla facile ironia con cui la vicenda si presta ad essere commentata, ma esaurite le spiegazioni “politiche” che non riescono a trovare ragione, non rimane che indagare la psicologia e in particolare quella che potremmo chiamare la psicopolitica, qui intesa come indagine sulle ragioni del profondo e su quelle delle relazioni che possono indurre taluno, investito di potere, ad assumere comportamenti o manifestare posizioni , apparentemente, irrazionali. Al consegnatario di un mandato di governo incombe un peso in più, una responsabilità forte, uno stress, ma che la percezione di essere anche titolare di un potere aiuta a sostenere. Un gioco di equilibrio tra due forze e come tutti i giochi di equilibrio richiedono: abilità, esperienza, capacità, bravura. Se l’equilibrio si rompe sono guai e l’ipotesi è che, almeno per un momento, si sia rotto quell’equilibrio. Probabilmente esso si ricostruirà nei prossimi giorni, forte anche della esperienza negativa vissuta, ma una domanda ed un interrogativo, a questo punto, a noi rimane.
Come potremo ancora consegnare tranquillamente le chiavi della città a chi ha consentito al “Suo” partito di trattarlo come un infante della politica? Come ci garantirà nel futuro? Quale capacità di resistenza ed autorevolezza saprà esprimere nei confronti di pressioni o poteri più o meno forti ?
Come potremo ancora consegnare tranquillamente le chiavi della città a chi ha consentito al “Suo” partito di trattarlo come un infante della politica? Come ci garantirà nel futuro? Quale capacità di resistenza ed autorevolezza saprà esprimere nei confronti di pressioni o poteri più o meno forti ?
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